Sissi-l'ultima imperatrice

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    Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach-Sissi l'ultima imperatrice.

    sissi-elisabetta-di-baviera-orig

    Sissi la divina imperatrice

    Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach (Monaco di Baviera,24 dicembre 1837-Ginevra,10 settembre 1898)nata duchessa in Baviera,fu imperatrice D'Austria,regina apostolica d'Ungheria e regina di Boemia e di Croazia come consorte di Francesco Giuseppe D'Austria.
    Sissi nasce la notte di Natale dell'anno 1837 e Monaco,capitale della Baviera,è imbiancata dalla neve.Ed è anche domenica.Ma tutto questo non impedisce a Ludovica di Wittelsbach,figlia del re di baviera Massimiliano I e moglie del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera,di mettere al mondo la sua terzogenita a cui viene messo il nome Elisabetta.
    Nessuno in quel momento di gioia,ascoltando i suoi primi vagiti,può intuire che un destino eccezionale l'attende e che farà di lei l'incarnazione di un mito e un'icona di bellezza e malinconia.Ancor oggi,quella bambina è da tutti conosciuta e ricordata come SISSI,che a soli sedici anni divenne la moglie dell'imperatore Francesco Giuseppe.
    Elisabeth_of_Austria_by_Franz_Xaver_Winterhalter
    Scrive Sissi:Sono una figlia della domenica.
    Una figlia del sole.
    I suoi raggi mi hanno condotta al trono.
    La mia corona fu intrecciata con il suo
    splendore.
    Rimango nella sua luce.

    Quello dei genitori di Sissi,non fu un matrimonio felice.Il duca Massimiliano,infatti,non particolarmente interessato alla vita famigliare,trascurò la moglie ed ebbe numerose amanti e figli illegittimi che porterà a casa,imponendoli alla moglie e ai figli legittimi.
    Mentre lui approfitta di tutto quello di buono e di bello che la vita può riservare a chi ha i mezzi fisici,intelletuali ed economici per farlo,Ludovica,sposa senza amore,resta a casa ad allevare gli otto figli avuti dal marito vagabondo,crogiolandosi nella noia e nei rancori verso il compagno egoista che la trascura e che è quasi sempre assente.E che quando fa ritorno fra le pareti domestiche pensa solo a ingravidare la moglie per tenerla occupata e tranquilla fino al suo prossimo rientro.
    Elisabetta tuttavia,trascorre la sua infanzia serenamente a Monaco nel palazzo di famiglia,mentre i mesi estivi erano trascorsi nel castello di Possenhofen "Possi",(era chiamato confidenzialmente il castello)una residenza a cui la giovane duchessa,amante della natura era molto legata.
    Nell'inverno 1853 erano in corso alcune trattative fra la duchessa Ludovica e sua sorella,Larciduchessa Sofia,per far sposare la figlia della prima.Elena chiamata Nenè,col figlio della seconda,l'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria.La scelta dell'arciduchessa Sofia cadde su Elena,dopo due falliti progetti con principesse prussiane e sassoni.
    Ludovica e Sofia decisero di far incontrare i figli a IschI,residenza estiva dell'imperatore.
    La duchessa Ludovica e le figlie arrivarono a IschI il 16 agosto 1853.Nel pomeriggio ci fu un primo incontro con Sofia,Francesco Giuseppe e Elisabetta di Prussia,un'altra sorella di Ludovica.Fin da quel primo e formale incontro,fu evidente ai presenti che Francesco Giuseppe si era infatuato non di Elena"Nenè",ma della più giovane e acerba sorella Elisabetta.Il giorno dopo Francesco Giuseppe disse alla madre che la sua scelta era caduta su Elisabetta,nonostante l'arciduchessa Sofia preferisse Elena.Nel ricevimento dato quella sera,l'imperatore ballò il cotillon con Elisabetta,un chiaro segno per tutti,ma non per la futura sposa.Anche durante la cena del 18 agosto,compleanno di Francesco Giuseppe,Elisabetta fu fatta sedere accanto a lui.Il giorno seguente Ludovica,per conto dell'imperatore,chiese a Elisabetta se era condiscendente alle nozze e ottenuto il consenso,lo comunicò alla sorella Sofia.Da quel momento fino al 31 agosto,la coppia di fidanzati trascorse molto tempo insieme e si mostrò pubblicamente.

    Francesco Giuseppe e Sissi, un ritratto fatto durante il loro fidanzamento.Sissi fotografata dal fotografo di corte.
    1024px-SissiFranz
    Intanto iniziarono le trattative con la Santa Sede per ottenere la necessaria dispensa papale, poiché gli sposi erano primi cugini. Questa stretta parentela, come di consueto per quel tempo, non fu tenuta di conto, nonostante diversi membri della famiglia Wittelsbach avessero già mostrato le tare ereditarie della loro dinastia.

    Dal fidanzamento fino alle nozze Elisabetta fu sottoposta a un corso di studio intensivo, nella speranza di colmare le numerose lacune della sua scarsa educazione. Dovette imparare al più presto il francese, l'italiano e soprattutto la storia dell'Austria. Nello stesso periodo fu allestito rapidamente il corredo della sposa, pagato quasi del tutto dall'imperatore e non dal padre della sposa, come avrebbe dovuto essere. Nel marzo 1854 fu ufficialmente firmato il contratto nuziale e la dote fu fissata in 50.000 fiorini pagati dal duca Massimiliano e 100.000 fiorini pagati dall'imperatore.

    Il 20 aprile 1854 Elisabetta lasciò la sua casa paterna di Monaco. Il viaggio durò tre giorni e il 23 aprile la futura imperatrice fece il suo ingresso ufficiale a Vienna, dove ricevette una calorosa accoglienza. Le nozze furono celebrate con grande sfarzo il 24 aprile, di sera, nella Chiesa degli Agostiniani. Dopo i numerosi festeggiamenti, la coppia fu condotta nella camera da letto soltanto dalle rispettive madri, contrariamente alle usanze del tempo che prevedevano la presenza di numerose persone. Le nozze furono consumate la terza notte.
    Il 20 aprile 1854 Elisabetta lasciò la sua casa paterna di Monaco. Il viaggio durò tre giorni e il 23 aprile la futura imperatrice fece il suo ingresso ufficiale a Vienna, dove ricevette una calorosa accoglienza. Le nozze furono celebrate con grande sfarzo il 24 aprile, di sera, nella Chiesa degli Agostiniani. Dopo i numerosi festeggiamenti, la coppia fu condotta nella camera da letto soltanto dalle rispettive madri, contrariamente alle usanze del tempo che prevedevano la presenza di numerose persone. Le nozze furono consumate la terza notte.

    Fin dal suo primo ingresso a corte, Elisabetta dovette accorgersi delle difficoltà che l'attendevano. Nata e cresciuta in una famiglia quasi borghese, si trovò al centro della rigida corte di Vienna, ancora legata a un severo "cerimoniale spagnolo", cui inizialmente la giovane imperatrice dovette sottostare. Privata dei suoi affetti e delle sue abitudini, Elisabetta cadde presto malata, accusando per molti mesi una tosse continua e stati di ansia, dovuti a turbamenti di origine psichica.

    L'arciduchessa Sofia si prese l'onere di trasformare la nuora in una perfetta imperatrice, ma nell'agire in tal senso e restando fermamente attaccata all'etichetta, finì per inimicarsi Elisabetta e ad apparire ai suoi occhi una donna malvagia. Solo successivamente Elisabetta si rese conto che la suocera aveva agito sempre a fin di bene, ma in maniera imperiosa e imponendo sacrifici.A differenza di Sofia, che era rispettata da tutta la corte, Elisabetta veniva criticata per i suoi natali umili, per la sua scarsa educazione e per la sua inesistente attinenza alla vita di società.

    Non molto tempo dopo le nozze Elisabetta rimase incinta e il 5 marzo 1855 partorì la sua prima figlia, chiamata Sofia come la nonna. L'arciduchessa Sofia si occupò personalmente della bimba, alla quale fu legatissima. Le stanze della bambina furono allestite accanto alle sue e fu lei a scegliere l'Aia (educatrice) e la bambinaia. Già poco più di un anno dopo, il 12 luglio 1856, Elisabetta partorì un'altra bambina, Gisella, parimenti allevata dalla nonna. In futuro Elisabetta espresse il proprio rammarico per non essersi potuta occupare dei figli. Nel settembre di quell'anno Elisabetta iniziò a far valere i suoi diritti di madre e durante un viaggio in Stiria e nella Carinzia si riavvicinò molto al marito, solitamente compiacente con l'arciduchessa Sofia. L'imperatrice capì che i viaggi di Stato erano un'occasione preziosa per stare da sola col marito e far valere la sua posizione di sposa e madre.
    Elisabetta riuscì a ottenere che la figlia Sofia accompagnasse lei e il marito durante il loro viaggio in Italia nell'inverno tra il 1856 e il 1857. Per la prima volta, l'imperatrice, sempre acclamata da folle festanti, si rese conto che l'impero non aveva il consenso di tutte le sue popolazioni. Il regime militaristico austriaco aveva portato come conseguenza il disprezzo e l'odio degli italiani nei confronti degli austriaci. Elisabetta, solitamente pronta ad assentarsi dagli impegni ufficiali a Vienna, rimase tuttavia accanto al marito in difficoltà per l'intero programma di viaggio nel Lombardo-Veneto. A Venezia Elisabetta, Francesco Giuseppe e la piccola Sofia attraversarono Piazza San Marco acclamati soltanto dai soldati austriaci, mentre la folla di italiani rimase in silenzio. Il console inglese lì presente riferì a Londra: «Il popolo era animato da un unico sentimento, dalla curiosità di vedere l'imperatrice la cui fama di donna meravigliosamente bella è arrivata anche qui».

    Poche settimane dopo dal rientro dall'Italia, si prospettava un altro viaggio di Stato in un'altra inquieta provincia, l'Ungheria. Tra i magiari era già risaputo che la giovane imperatrice nutriva un profondo interesse per la loro cultura, grazie alle lezioni dategli dal conte Mailáth, e speravano che influenzasse positivamente il marito.Anche stavolta Elisabetta si scontrò con la suocera, riuscendo a ottenere la presenza delle sue bambine per il viaggio. Come nel Lombardo-Veneto, anche in Ungheria la coppia imperiale fu accolta con freddezza, sebbene la bellezza dell'imperatrice ebbe il suo solito successo. Durante il viaggio nelle province ungheresi, la piccola Sofia si ammalò. La diciannovenne imperatrice vegliò per undici ore sulla figlia, che spirò il 19 maggio 1857. Quando tornarono a Vienna, Elisabetta si chiuse in sé stessa e nella propria solitudine, rifiutando di mangiare e di apparire in pubblico. L'imperatrice, che aveva insistito per ottenere la presenza delle bambine durante il viaggio, rinunciò al suo ruolo di madre, ritenendosi colpevole della morte della figlia, e affidò Gisella all'educazione della nonna.

    Nel dicembre del 1857 Elisabetta manifestò i sintomi di una nuova gravidanza. Il 21 agosto 1858 nacque l'arciduca Rodolfo, principe ereditario dell'Impero d'Austria. Il parto risultò piuttosto difficoltoso: Elisabetta si ammalò e la febbre le tornava a distanza di brevi periodi; dal momento che tra l'autunno e l'inverno le sue condizioni di salute non erano ancora migliorate, furono convocati la duchessa Ludovica e il medico di famiglia dei Wittlesbach. La diagnosi di quest'ultimo rimane sconosciuta e nei diari dell'arciduchessa Sofia ci sono solo accenni a dei sintomi: febbre, debolezza, mancanza di appetito. Elisabetta sembrava migliorare soltanto quando stava con qualcuno della sua famiglia bavarese e nel gennaio 1859 poté godere della compagnia di una delle sue sorelle minori, Maria Sofia. La giovane aveva già sposato per procura il principe ereditario di Napoli, il futuro Francesco II delle Due Sicilie. Elisabetta, nonostante la salute cagionevole, accompagnò Maria Sofia sino a Trieste, dove si sarebbe imbarcata alla volta del Regno delle Due Sicilie.

    Il 1859 fu un anno particolarmente difficile per l'Austria. Napoleone III e Cavour, già accordatisi segretamente a Plombières, riuscirono a far dichiarare guerra al Regno del Piemonte da parte dell'Austria. Nel giro di pochi giorni le ultime monarchie asburgiche autonome italiane caddero e a Vienna confluirono i deposti Leopoldo II di Toscana e Francesco V di Modena, con tutti i loro familiari. Le truppe austriache subirono una grave sconfitta nella battaglia di Magenta (4 giugno 1859), a seguito della quale Francesco Giuseppe decise di lasciare Vienna e di comandare personalmente l'esercito. Elisabetta accompagnò il marito sino a Mürzzuschlag e al momento del commiato si appellò al conte Grünne, generale austriaco: «Lei manterrà certamente ciò che ha promesso e starà molto attento all'imperatore; la mia unica consolazione in questi tempi terribili è che lei lo farà sempre e in ogni circostanza. Se non ne fossi convinta, morirei per l'angoscia».

    Elisabetta cadde in un profondo stato di disperazione, piangendo in continuazione, al punto da chiedere all'imperatore di poterlo raggiungere in Italia, ottenendo però un rifiuto. L'imperatrice allora si dedicò a drastiche cure dimagranti e a sfiancanti cavalcate; disertò tutti gli impegni sociali organizzati dall'arciduchessa Sofia, attirandosi le critiche della corte. Francesco Giuseppe le scrisse chiedendole di mostrarsi a Vienna e di visitare gli istituti, per sollevare il morale della popolazione e ottenere l'appoggio dell'opinione pubblica. Il 24 giugno ci fu la decisiva Battaglia di Solferino, che risultò vincente per i franco-piemontesi. Le conseguenze della disfatta ricaddero sull'imperatore Francesco Giuseppe, che mai era stato mal visto dal popolo come in quei mesi: la critica si spinse al punto da chiedere l'abdicazione del sovrano in favore di suo fratello Massimiliano. Intanto un gran numero di feriti fu portato in Austria e l'imperatrice stessa organizzò un ospedale militare nel castello di Laxenburg, poiché i normali ospedali non avevano posti a sufficienza. La guerra fu ufficialmente conclusa con l'armistizio di Villafranca, che costringeva l'Austria a rinunciare alla Lombardia, una delle più ricche province dell'impero.

    Acquarello raffigurante Elisabetta con i figli Rodolfo e Gisella.Alla parete un ritratto di Sofia,la figlia deceduta nel 1857.
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    Gisella e Rodolfo bambini.
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    Nell'ottobre del 1860 la salute dell'imperatrice subì un tracollo, dovuto a numerose crisi nervose e cure dimagranti. Il dottor Skoda, specialista in malattie polmonari, consigliò una cura presso un paese dal clima caldo: a suo parere la sovrana non sarebbe riuscita a superare l'inverno a Vienna. Fu consigliata Madeira, forse su consiglio della stessa Elisabetta: l'arcipelago portoghese, infatti, non era un luogo rinomato per la cura di malattie polmonari, come lo era ad esempio Merano. Molto probabilmente l'imperatrice scelse un luogo così lontano per evitare troppi contatti con Vienna e l'imperatore. Sebbene la diagnosi ufficiale di Skoda fosse quella di una gravissima malattia polmonare, esistono ancora molti dubbi sulla vera natura del male di Elisabetta. Sanissima in gioventù, cominciò a star male a contatto con l'ambiente della corte imperiale e per sopperire alle sue numerose crisi di nervi, si sottoponeva a diete drastiche e intensi esercizi di ginnastica. Nei diari dell'arciduchessa Sofia non ci sono indizi sulla malattia misteriosa della nuora, così come nelle lettere della duchessa Ludovica. La corte viennese si indignò per la partenza della sovrana tanto quanto nel resto del mondo ci fu una generale preoccupazione per l'imperatrice "in fin di vita" (la regina Vittoria mise a disposizione per Elisabetta il suo panfilo privato Victoria and Albert). Con tutta probabilità i disturbi fisici di Elisabetta erano dovuti a un disturbo psichico: la storica Brigitte Hamann ipotizza che l'imperatrice d'Austria soffrisse di una forma di anoressia nervosa, la quale comporta irrequietezza, rifiuto del cibo e del sesso. Ciò potrebbe anche spiegare il fatto che Elisabetta sembrava riprendersi subito non appena si allontanava da Vienna e dall'imperatore.

    Regina d'Ungheria

    L'imperatrice Elisabetta con il vestito dell'incoronazione come Regina d'Ungheria.Elisabetta fu fin dall'inizio molto legata all'Ungheria e al suo popolo. Certamente fu anche grazie alla sua influenza che nel 1867 venne firmato l'Ausgleich (compromesso) fra Austria e Ungheria, in seguito al quale Francesco Giuseppe e Elisabetta vennero incoronati re e regina d'Ungheria. In realtà l'Ausgleich rappresentava per l'Impero Asburgico il riconoscimento di parità fra la corona austriaca e quella magiara e implicitamente segnò l'inizio dell'indebolimento della fazione boema nella politica dell'Impero. L'ultima figlia, Maria Valeria, la prediletta da Elisabetta, nacque nel 1868.
    Maria Valeria l'ultima figlia.

    Nel 1889 a Mayerling, il figlio Rodolfo, erede al trono (Kronprinz), morì suicida insieme all'amante, la baronessa Maria Vetsera. Elisabetta non si riprese mai interamente da questo ultimo colpo, portando fino all'ultimo giorno della sua vita un lutto strettissimo e, sempre in preda a esaurimenti nervosi, continuò a viaggiare per l'Europa.
    Rodolfo e Maria Vetsera.

    Nel 1898, mentre passeggiava sul lungolago di Ginevra per imbarcarsi su un battello, venne uccisa da una stilettata dell'anarchico italiano Luigi Lucheni, che aveva ripiegato sull'Imperatrice d'Austria dopo che il progettato attentato al duca d'Orléans era fallito. Tanto erano strette le vesti dell'Imperatrice che, dopo l'urto subìto, lei riprese a camminare, non sentendo inizialmente alcun dolore: la morte avvenne venti minuti dopo la stilettata al ventricolo sinistro, per emorragia interna, poiché il sangue non riusciva ad uscire.
    Le ultime immagini di Sissi,dalla morte del figlio non volle più farsi fotografare.


    La sua tomba si trova a Vienna, nella Kapuzinergruft (Cripta dei Cappuccini), accanto a quella del marito e del figlio.


    Tratto in parte da....Autore: Annabella Cabiati
    Titolo: Sissi. L’ultima imperatrice
    Editore: Edizioni a Nordest
    Anno: 2010

    I figli di Sissi..Sofia,Gisella ,Rodolfo,Maria Valeria.

    Sofia d'Asburgo-Lorena

    Sofia Federica d'Austria.Sofia Federica Dorothea Maria Giuseppa d'Asburgo-Lorena, arciduchessa d'Austria (Vienna, 5 marzo 1855 – Budapest, 29 maggio 1857), era la primogenita di Francesco Giuseppe I d'Austria e di Elisabetta di Baviera.

    Quando la piccola Sofia nacque, un anno dopo il matrimonio dei genitori, i rapporti già tesi tra Elisabetta e la suocera Sofia di Baviera si ruppero inesorabilmente per non ristabilirsi mai più.

    Prima di tutto, alla bambina venne messo il nome della nonna senza neanche consultare la madre.

    Essendo la ribelle Elisabetta molto giovane, e inoltre mai ritenuta adatta dalla suocera ad essere moglie e madre di imperatori, Sofia si sentì legittimata ad assumersi la piena responsabilità dell'educazione della nipote. All'insaputa dell'imperatrice pertanto aveva disposto che gli appartamenti della piccola arciduchessa fossero vicini ai suoi. Quando Elisabetta lo venne a sapere divenne furibonda e cercò di parlarne al marito, il quale però dava pieno appoggio alla madre.

    Inoltre Elisabetta poteva fare visita alla bimba soltanto in presenza della suocera.

    Il malcontento fu tale che l'imperatrice quasi rapì le figlie Sofia e Gisella, nata un anno dopo, per poterle portare con sé in un viaggio in Ungheria. Il suo gesto estremo fu fatale: le bambine si ammalarono di rosolia in modo grave e furono in fin di vita. Gisella riuscì a guarire miracolosamente. Sofia invece morì.

    Per Elisabetta lo shock fu tale che dovette rassegnarsi alla triste prospettiva di vivere succube delle decisioni degli altri.

    Inoltre cominciò da allora a soffrire di gravissime forme di depressione, che l'avrebbero portata a fuggire spesso dall'opprimente corte austriaca e a dedicarsi al suo corpo, l'unica cosa su cui le fu concesso di comandare. Iniziò così anche a soffrire di anoressia e di altre malattie psichiche. Inoltre l'imperatrice, si dedicò anche alla cultura: imparò varie lingue e divenne poetessa.

    Pur essendo la primogenita, la piccola Sofia non avrebbe mai potuto succedere al padre Francesco Giuseppe. Nella monarchia austriaca, infatti, vigeva la legge salica, cioè le figlie non potevano ereditare il trono. Solo per Maria Teresa, più di un secolo prima della nascita di Sofia, si era fatta eccezione: ma il titolo imperiale spettò tuttavia al marito Francesco Stefano di Lorena e a lei soltanto in quanto sua moglie.

    Gisella d'Asburgo-Lorena

    L'arciduchessa Gisella d'Austria.Gisella Luisa Maria d'Asburgo-Lorena, arciduchessa d'Austria e principessa reale d'Ungheria (Laxenburg, 12 luglio 1856 – Monaco di Baviera, 27 luglio 1933), era la seconda figlia di Francesco Giuseppe Imperatore d'Austria e di Elisabetta di Baviera.

    Sebbene fosse stata battezzata Gisella con due L, lei scrisse sempre il suo nome con una sola L. Il suo nome venne scelto per ricordare la principessa Gisella di Baviera che sposò il re d'Ungheria Stefano I e unì la corona bavarese e quella ungherese.

    Sull'educazione dei figli, Elisabetta e la suocera Sofia di Wittelsbach ebbero forti divergenze in quanto la seconda si riteneva in dovere di seguire la loro istruzione senza interpellare la nuora. Una volta, presa dalla rabbia e dalla frustrazione, l'imperatrice portò con sé le figlie Sofia e Gisella in una visita di Stato nella sua amata Ungheria. Le bambine si ammalarono gravemente e la primogenita morì a soli due anni. Elisabetta si incolpò dell'accaduto e la sua ribellione si tramutò in rassegnazione.
    Nel 1873 Gisella sposò Leopoldo di Baviera, divenendo principessa di Baviera. Il matrimonio fu malvisto da molti in quanto svantaggioso per una figlia dell'imperatore. La coppia andò a vivere a Monaco di Baviera.
    Gisella e Rodolfo bambini.
    Alla sua partenza, il fratello di Gisella Rodolfo pianse molto la perdita della sua compagna d'infanzia e anche Francesco Giuseppe ne fu commosso. L'unica ad apparire più tranquilla fu Elisabetta. Madre e figlia infatti erano quasi come due estranee, educate in modo diverso: la seconda fu allevata rigidamente e impeccabilmente come una perfetta figlia imperiale dalla nonna, mentre la prima era cresciuta libera di correre per i giardini e i boschi di Possenhofen. Elisabetta aiutò comunque a realizzare la scelta della figlia di sposare Leopoldo convincendo il marito e anche il genero stesso, che prima del fidanzamento era promesso alla principessa Amalia di Sassonia-Coburgo-Kohary. Successivamente Amalia avrebbe sposato Massimiliano, fratello di Elisabetta.
    Gisella e Leopldo fidanzati.
    Il matrimonio fu felice e a Gisella furono risparmiate dal destino tutte le sofferenze che aveva patito la madre.
    Le nozze d'oro.

    Rodolfo d'Asburgo-Lorena


    Rodolfo in divisa di gala.
    Rodolfo d'Asburgo-Lorena, erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico, Arciduca d'Austria (Vienna, 21 agosto 1858 – Mayerling, 30 gennaio 1889), arciduca d'Austria Principe ereditario d'Austria, Ungheria e Boemia era figlio ed erede di Francesco Giuseppe I Imperatore d'Austria, Ungheria e Boemia e di sua moglie ed imperatrice Elisabetta. La sua morte, apparentemente per suicidio, insieme alla sua amante, la baronessa Maria Vetsera, al casino di caccia di Mayerling, nel 1889, fece discutere in tutto il mondo alimentando voci di cospirazione internazionale e, infine, può avere segnato il destino a lungo termine della monarchia asburgica.

    L'Arciduca Rodolfo Francesco Carlo Giuseppe (in seguito Principe Ereditario) nacque il 21 agosto 1858 nei castelli di Laxenburg, presso Vienna, primo (ed unico) figlio maschio dell'imperatore Francesco Giuseppe e dell'Imperatrice Elisabetta.
    Sotto l'influenza del suo tutore Ferdinand von Hochstetter (destinato a divenire il primo direttore del Naturhistorisches Museum), Rodolfo si appassionò alle scienze naturali, cominciando, assai giovane, una collezione di minerali. (Dopo la sua morte, grandi porzioni della sua collezione di minerali è entrato in possesso dell'Università per l'agricoltura di Vienna).

    Il principe ereditario Rodolfo venne allevato insieme alla sorella maggiore Gisella dalla nonna paterna l'Arciduchessa Sofia. La figlia maggiore dei suoi genitori, una bambina di nome Sofia era morta all'età di due anni prima della nascita di Rodolfo, mentre la sorella minore Maria Valeria sarebbe nata dieci anni dopo Rodolfo. Quindi, Gisella e Rodolfo crebbero insieme e furono molto legati. All'età di sei anni, fu separato dalla sorella quando cominciò la sua formazione per diventare un futuro imperatore. Ciò non mutò il loro rapporto e Gisella gli fu vicino fino a quando non lasciò Vienna in seguito al suo matrimonio con il Principe Leopoldo di Baviera. Si dice che la separazione fra i fratelli sia stata molto commovente.

    In contrasto con le attitudini conservatrici del padre, Rodolfo coltivò una visione politica spiccatamente liberale, più vicina a quella della madre alla quale, peraltro, lo legava un rapporto piuttosto formale e non ricco di calore. Egli era, forse, ostile al patto di ferro che legava Vienna alla Germania di Guglielmo II.
    A Rodolfo il padre non affidò mai importanti mansioni di politica interna proprio perché le sue idee erano assai distanti da quelle del figlio. Tuttavia riconobbe in Rodolfo uno straordinario uomo diplomatico e per questo, dopo una certa età, lo inviò in tutta Europa a negoziare e rappresentare la monarchia asburgica.

    Matrimonio
    Rodolfo e Stefania del BelgioIl 10 maggio 1881, Rodolfo sposò la principessa Stefania del Belgio, figlia del re dei belgi Leopoldo II. La cerimonia venne celebrata nella antica Chiesa degli Agostiniani di Vienna, con la pompa e lo splendore di un matrimonio di stato. Rodolfo sembrava sinceramente innamorato, nonostante la madre giudicasse la nuora come una "sciocca impacciata".
    Rodolfo e Stefania.
    Il rapporto, poi, degenerò e all'epoca della nascita della loro unica figlia, l'Arciduchessa Elisabetta, il 2 settembre 1883, il matrimonio era già in crisi e Rodolfo si rifugiava nel'alcool e in compagnie femminili occasionali.

    Le idee di Rodolfo, ora, venivano contrastate anche dalla moglie. Rodolfo, proprio per le sue idee ritenute rivoluzionarie, veniva spesso fatto pedinare dalla corte asburgica. Le sue frequentazioni erano viste con molto sospetto e da molti era ritenuto un socialista. La sua passione per l'ornitologia era grande. ebbe sempre forti legami con l'Ateneo viennese e veniva spesso invitato all'inaugurazione di fiere e mostre di tema scientifico. La sua passione e bravura nel campo erano indiscusse.

    Dopo aver contratto una malattia sessuale per un rapporto con un'attrice polacca, ed averla trasmessa anche alla moglie Stefania, era sicuro di non poter più avere figli maschi e di non dare, dunque, un erede al trono. Le avventure amorose extraconiugali di Rodolfo si fecero sempre più numerose. La più importante delle sue amanti fu Mizzi Caspar. Solo poco prima del suicidio, ormai fisicamente e psicologicamente debilitato dall'alcool e dalla morfina, conobbe Maria Vetsera.

    Nel 1887, Rodolfo acquistò un edificio di campagna a Mayerling e lo adattò a casino di caccia. Nell'autunno del 1888, all'età di 30 anni, incontrò la diciassettenne baronessa Marie Vetsera. Questa lo adorava e si diceva pronta a tutto per lui. Le testimonianze concordano con l'impressione che Rodolfo non condividesse tale illimitata passione, benché non le fosse indifferente.
    Marie Vetsera
    All'indomani del suicidio, la versione ufficiosa attribuì la tragica decisione alla richiesta, avanzata da Francesco Giuseppe al figlio, di troncare la relazione. Rodolfo avrebbe sparato alla testa dell'amante, per poi uccidersi egli stesso. In ogni caso, al fine di permetterne il seppellimento all'interno del mausoleo degli Asburgo (la Cripta dei Cappuccini) Rodolfo venne dichiarato in stato di ‘disordine mentale'.
    Il cadavere della Vetsera venne, invece, traslato nel cuore della notte e segretamente sepolto nel cimitero della abbazia di Heiligenkreuz. Francesco Giuseppe trasformò Mayerling in un convento penitenziale delle suore carmelitane.

    La principessa Stefania e la ultima lettera indirizzatale e firmata "Rodolfo"
    La morte dell'erede al trono provocò la crisi definitiva del matrimonio fra Francesco Giuseppe ed Elisabetta di Baviera, circostanza che apparve evidente a tutti gli osservatori contemporanei.
    La carica di erede al trono venne, quindi, trasmessa al fratello di Francesco Giuseppe, l'arciduca Carlo Ludovico. Dopo la sua morte, il 19 maggio 1896, l'onore passò al di lui figlio maggiore, l'arciduca Francesco Ferdinando. Dopo il suo assassinio a Sarajevo, il 28 giugno 1914, l'onore passò al figlio del di lui fratello, Carlo. Sarà, finalmente, quest'ultimo a succedere al vecchio Francesco Giuseppe, dopo la sua morte, avvenuta il 21 novembre 1916.

    Probabilmente, se Rodolfo fosse sopravvissuto, Francesco Giuseppe avrebbe forse abdicato in suo favore (come già aveva fatto, costretto, il suo immediato predecessore, Ferdinando I). Ciò che rifiutò, invece, di fare a favore dell'assai poco amato Francesco Ferdinando.

    La grande collezione di minerali di Rodolfo venne depositata presso la facoltà di agricoltura dell'Università di Vienna.


    Maria Valeria d'Asburgo-Lorena

    Maria Valeria in una fotografia del 1890

    Maria Valeria d'Asburgo-Lorena, arciduchessa d'Austria (Buda, 22 aprile 1868 – Wallsee-Sindelburg, 6 settembre 1924), era l'ultima dei figli di Francesco Giuseppe d'Asburgo-Lorena, Imperatore d'Austria e Re d'Ungheria, e della sua consorte Elisabetta di Baviera "Sissi". I nomi che le furono imposti sono Maria Valeria Matilde Amalia ma in famiglia era chiamata Valerie.

    Maria Valeria nacque ad Ofen (Buda) in Ungheria. L'Imperatrice Elisabetta era particolarmente attaccatta a Valeria, nata dieci anni dopo il terzo figlio della coppia imperiale e che le fu permesso di allevare in contrasto con i primi tre che le erano stati portati via durante l'infanzia e allevati dalla madre dell'Imperatore, l'Arciduchessa Sofia. Sofia stessa scrisse alla madre dell'Imperatrice "Sissi è completamente assorbita dal suo amore e le cure per questo piccolo ed irresistibile angelo"

    Era di gran lunga il figlio prediletto da Elisabetta, ed alcuni cortigiani alludevano acidamente come "Die Einzige" ("figlio unico"), perché Elisabetta prestava molte più attenzioni a lei che i suoi fratelli. Valeria voleva molto bene a sua madre, ma secondo i suoi diari, spesso si sentiva imbarazzata e sopraffatta dalle attenzioni di Elisabetta verso di lei, in particolare, come lei stessa era di natura modesta e pratica.

    Un altro dei nomignoli di Valeria era "La Figlia Ungherese" poiché la sua nascita era una concessione da parte di Elisabetta, che detestava il contatto intimo e le gravidanze, in cambio di una conciliazione di Francesco Giuseppe con l'Ungheria, il territorio più vasto dell'Impero. Questo processo culminò nella loro comune incoronazione a Budapest l'8 giugno 1867, come Re e Regina d'Ungheria. Valeria nacque poco più di nove mesi dopo.

    Elisabetta scelse deliberatamente l'Ungheria come luogo di nascita per suo figlio; nessun bambino reale era nato in Ungheria da secoli. Se Valeria fosse stata un maschietto le sarebbe stato imposto il nome di Stefano come il re canonizzato dell'Ungheria e suo santo patrono. Secondo la storica Brigitte Hamann, un bimbo nato dalla Regina d'Ungheria nel castello di Budapest, avrebbe aumentato la sua possibilità di diventarne un giorno il re, nel caso che l'Ungheria si fosse separata da tutto l'impero austriaco, e ci fu sollievo universale alla corte di Vienna che Valeria fosse una femmina.

    Cattivi pettegolezzi sostenevano che il padre di Valeria era in realtà l'amico e ammiratore di Elisabetta, il conte nonché Primo Ministro ungherese Gyula Andrássy, ritenuto amante di sua madre. Queste voci durarono per tutta la sua infanzia, ferendola profondamente. Tuttavia, Valeria fisicamente somigliava all'Imperatore molto più di qualsiasi altro dei suoi fratelli, ancora di più che divenne adulta che alla fine le voci cessarono. Dovuta all'atmosfera che si creò intorno, Valeria comunque, sviluppò un'antipatia continua verso tutto ciò che avesse a che fare con l'Ungheria, esasperato dalle insistenze di Elisabetta perché le si parlasse solo in ungherese. Fu felice quando le fu dato il permesso di parlare in tedesco con il padre, che lei adorava. In più, parlava inglese, francese ed italiano correttamente, amava scrivere commedie e poesie, ed era una dilettante artista di talento che si divertiva a dipingere fiori. Era una grande sostenitrice del Burgtheater e andava ai suoi spettacoli spesso.

    Matrimonio
    Valeria sposò l'arciduca Francesco Salvatore d'Asburgo-Toscana, nipote del granduca Leopoldo II di Toscana e della principessa Maria Antonietta delle Due Sicilie. Si erano incontrati ad un ballo nel 1886, ma Valeria aspettò diversi anni per essere sicura che i suoi sentimenti verso Francesco Salvatore fossero abbastanza forti da poter fare un matrimonio di successo. Si era sperato da molti a corte, che avrebbe sposato qualcuno come il Principe Ereditario di Sassonia o il Duca di Braganza, era corteggiata anche dal Principe Alfonso di Baviera. Elisabetta, comunque, dichiarò che a Valeria sarebbe stato permesso di sposare anche uno spazzacamino se i suoi sentimenti fossero stati sinceri nei suoi confronti (in contrasto con gli altri figli che entrambi avevano fatto matrimoni dinastici). Valeria scelse Francesco Salvatore per amore, un principe relativamente minore dal ramo toscano della famiglia imperiale austriaca, che non aveva grande ricchezza da offrire, ed Elisabetta, come promesso, sostenne la figlia preferita. Ciò causò una profonda incrinatura tra Valeria verso la sorella, l'arciduchessa Gisella ed il fratello, il Principe Ereditario Rodolfo per un certo periodo, ma alla fine Rodolfo si rassegnò al matrimonio quando Valeria e Francesco Salvatore si fidanzarono ufficialmente nel Natale del 1888.

    La solenne rinuncia di Valeria ai suoi diritti al trono austriaco, necessarie per la celebrazione del matrimonio, si tenne alla Hermesvilla il 16 luglio 1890. La festa di nozze della giovane coppia seguì alla cerimonia nella chiesa parrocchiale di Bad Ischl il 31 luglio. La cerimonia fu celebrata dall'allora Vescovo di Linz, Franz Maria Doppelbauer. Successivamente, Francesco Salvatore e Valeria trascorsero la luna di miele in Italia, Svizzera e Baviera.

    In principio, Valeria e Francesco Salvatore, vissero a Schloss Lichtenegg. L'11 giugno 1895, la coppia acquistò Schloss Wallsee sulla riva del Danubio dall'allora proprietario il Principe Alfredo del Regno Unito e lo ristrutturarono completamente. Quando i lavori terminaro, il 4 settembre 1897 si tenne una cerimonia per celebrare il loro trasferimento nel nuovo palazzo. La grande celebrazione dell'evento si doveva alla grande popolarità di Valeria.

    Era conosciuta e amata per il suo generoso coinvolgimento in locali sforzi di beneficenza. Nel 1900, divenne una mecenate della Croce Rossa, per cui fondò ospedali e raccolse notevoli somme di denaro; fu anche protettrice di altri sette enti di beneficenza. Durante la Prima guerra mondiale, creò una caserma ospedale nel castello stesso e contribuì nel prestare cure ai feriti. Era una cattolica devota che trascorreva molto tempo appoggiando il volontariato religioso ed era conosciuta dalle persone come "l'Angelo di Wallsee". Era anche una Dama dell'Ordine della Croce Stellata.

    Valeria fu fortemente influenzata dal suicidio del fratello Rodolfo il 30 gennaio 1889, e dall'assassinio della madre nel settembre del 1898. Insieme alla sorella Gisella furono un grande sostegno per il loro padre a seguito di queste tragedie.

    Mentre il matrimonio di Valeria e Francesco Salvatore era armonioso in principio, lo diventò meno col tempo. Francesco Salvatore ebbe molte relazioni amorose, inclusa uno con la Principessa Stephanie von Hohenlohe, (1891-1972), che in seguito sarà conosciuta come la "Principessa Spia di Hitler" per le sue attività di spionaggio prima e durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1914 Francesco Salvatore ebbe un figlio da Stephanie, che riconobbe come suo mentre Valeria era ancora in vita. Valeria affrontò questi colpi stoicamente, confidandosi solo con il suo diario.

    Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Valeria riconobbe ufficialmente la fine della monarchia asburgica firmando dei documenti di rinuncia dei suoi diritti verso di essa per lei ed i suoi discendenti. Questa rinuncia le permise di mantenere la sua casa ed i suoi possedimenti.

    Maria Valeria morì di Linfoma il 6 settembre del 1924 a Schloss Wallsee. Poco prima della sua morte, la sorella scrisse in una lettera, "Devo aggiungere che ho visto Valeria - pienamente consapevole, completamente cosciente della sua condizione, e così devotamente accettare, anche con gioia anticipando la sua imminente partenza, che ritengo un recupero inaspettato sarebbe effettivamente deluderla". È sepolta in una cripta dietro l'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Sindelburg, Austria. Diverse migliaia di persone seguirono la sua bara verso il suo luogo di riposo.

    Il 28 aprile 1934, dieci anni dopo la morte di Valeria, Francesco Salvatore si risposò con la Baronessa (Freiin) Melanie von Riesenfels (1898-1984). Fu un matrimonio morganatico; la cerimonia di nozze ebbe luogo a Vienna. La coppia si era incontrata dopo la morte di Valeria in casa di Melanie nel Palazzo di Seisenegg, dove questa viveva con le sorelle Maria Anna e Johanna. Dopo la cerimonia di nozze la coppia visse a Seisenegg.

    Francesco Salvatore morì il 20 aprile del 1939 a Vienna.

    Il Ponte Maria Valeria unisce Esztergom in Ungheria con Štúrovo in Slovacchia dall'altra parte del Danubio aperto nel 1895 e denominato in onore di Maria Valeria.


    L'Arciduchessa Maria Valeria d'Austria con il marito l'Arciduca Francesco Salvatore d'Austria-Toscana ed i figliMaria Valeria e Francesco Salvatore ebbero 10 figli:

    Arciduchessa Elisabetta Francesca Maria Carolina Ignazia (1892-1930), che sposò un conte di Waldburg-Zeil-Trauchburg;
    Arciduca Francesco Carlo Salvatore Maria Giuseppe Ignazio (1893-1918);
    Arciduca Umberto Salvatore Raniero Maria Giuseppe Ignazio (1894-1971);
    Arciduchessa Edvige Maria Immacolata Michela Ignazia (1896-1970), sposò il conte di Stolberg;
    Arciduca Teodoro Salvatore (1899-1978);
    Arciduchessa Gertrude Maria Gisella Elisabetta Ignazia (1900-1962);
    Arciduchessa Maria Elisabetta Teresa Filomena Ignazia (1901-1936);
    Arciduca Clemente Salvatore Leopoldo Benedetto Antonio Maria Giuseppe Ignazio (1904-1974);
    Arciduchessa Matilde Maria Antonia Ignazia (1906-1991);
    Arciduchessa Agnese (1911-1911).

    CONFESSIONI I diari dell' arciduchessa Maria Valeria, la figlia prediletta di Elisabetta e di Francesco Giuseppe, rivelano l' intimità di una coppia imperiale tormentata e tragica
    ASBURGO Dio perdoni mia madre Sissi
    Un documento privato ma anche il ritratto senza veli di una mamma «instancabilmente attratta dalla morte». «Mio padre Franz Joseph mi abbracciò e pianse»

    CONFESSIONI I diari dell' arciduchessa Maria Valeria, la figlia prediletta di Elisabetta e di Francesco Giuseppe, rivelano l' intimità di una coppia imperiale tormentata e tragica ASBURGO Dio perdoni mia madre Sissi Francesco Giuseppe ed Elisabetta d' Austria visti da vicino. Da vicinissimo, anzi: colti nell' intimità poco imperiale, immobilizzati come dentro un dagherrotipo d' epoca in momenti d' allegria o di sconforto. Il diario giovanile della loro figlia prediletta Maria Valeria, quartogenita, a prima vista ricorda quelle raccolte non-ti-scordar-di-me che facevano sospirare le signorine di buona famiglia. Soltanto che, al posto dei fiorellini disseccati o di vecchi biglietti del teatro, vi ritroviamo annotazioni stringate quali: «La mamma sempre più oppressa. La sua sorte è più difficile da sopportare quando è con papà. Il sacrificio del loro stare insieme perde sempre più senso». O, a proposito di una poesia fatta leggere all' illustre genitore: «Quando posò il foglio aveva gli occhi pieni di lacrime. Allora io saltai su e gli baciai la mano, ma lui mi attirò a sé con fervore. Prendendo coraggio gli presi la testa e la baciai come avevo tanto spesso desiderato, ma non avevo mai osato fare. Mi vergognavo per l' imbarazzo della novità, ma credo gli abbia fatto bene...». Non ci sono rivelazioni pruriginose, scandali inediti o vizi inconfessabili, nel florilegio dell' arciduchessa Maria Valeria che vede la luce in questi giorni in lingua italiana (La prediletta, il diario della figlia di Sissi, Mgs Press). Si assapora piuttosto il gusto della vita quotidiana, finendo per sottrarre le due icone dell' immaginario mitteleuropeo all' altarino prefabbricato della devozione (o all' opposto del disprezzo). Lui, Francesco Giuseppe, compare come nonno bonario e padre tormentato, disposto a rotolarsi per terra e a farsi tirare i celebri favoriti pur di divertire una nipotina, incapace però di comunicare con Maria Valeria appena questa esce dall' infanzia e matura una completa personalità femminile. E' come se lo stesso rigido stupore che lo paralizza di fronte alla personalità enigmatica della moglie gli impedisse di confidarsi alla sua ex bambina preferita: sicché questa, ad ogni incontro, prova un senso di oppressione e non vede l' ora di lasciarlo partire, salvo continuare a sperare in una futura comunione spirituale con lui. Quanto a Sissi, il rapporto speciale con la figlia prediletta appare il vero motivo conduttore del diario di quest' ultima, ma funge anche da sfondo al ritratto cupo e tragico dell' imperatrice: ossessionata dalla necessità di viaggiare per sfuggire ai doveri di corte odiati e a quelli coniugali incomprensibili; tormentata da fantasmi metafisici e dal sospetto dell' esistenza di un dio maligno, persecutore, ostile a qualsiasi felicità umana; incline alla poesia e suggestionata a tal punto dal mito di Byron da sognarne di notte il fantasma e farne erigere il busto nella villa di Corfù; instancabilmente attratta dalla morte, coscientemente accarezzata durante le cavalcate e le innumerevoli traversate marittime, sfiorata al momento del suicidio del figlio Rodolfo a Mayerling, e infine raggiunta sulle rive del lago di Ginevra, per mano di un terrorista. Di fronte allo spessore mitico dei due attori principali, l' autrice del diario non può che aspirare ad un ruolo di comparsa: bambina semplice e ingenua negli anni 1878-83, si trasforma via via in adolescente di buon cuore, giovane inquieta, fidanzata appassionata e infine moglie devota di Francesco Salvatore granduca di Toscana; si evolve, dunque, senza però comprendere davvero il significato politico di quel che sta avvenendo intorno a lei. Afferra invece, con crescente chiaroveggenza, quell' accumulo di sentimenti inespressi e rapporti personali irrisolti destinato a rovinare il matrimonio dei genitori e, alla lunga, a sfociare in tragedia: non solo per gli Asburgo, ma per l' esistenza stessa della multinazionale Austria Ungheria. Quasi che, nel microcosmo di Maria Valeria, si rispecchiasse e anticipasse il crepuscolo di tutto quel mondo. I due augusti genitori, dunque, sono visti da vicino, forse troppo: al punto che i loro contorni ne risultano deformati per l' eccentricità della prospettiva. Lo spartiacque emotivo, nel diario, coincide con l' anno 1889, quello del misterioso suicidio di Rodolfo a Mayerling: da quel momento agli occhi di Valeria le incomprensioni tra Francesco Giuseppe e Sissi si fanno profonde, irrimediabili, mentre la ragazza comincia a capire che nemmeno una principessa imperiale ha il potere di riportare indietro il tempo, e che l' armonia familiare vagheggiata nell' infanzia non sarà mai raggiunta. Sotto i suoi occhi si evolve invece la indecifrabile malattia spirituale e fisica della madre, sempre più convinta dell' ingiustizia di essere nata, sottomessa a un dio distante e crudele che lei si ostina a chiamare Jehova, incapace di dare una spiegazione alle sofferenze fisiche che la tormentano e al suo stesso destino di infelicità. Nel diario, il 12 maggio del 1898, sono annotati pensieri amarissimi di Sissi: «Oh sì, in Dio io ci credo - così tante disgrazie e tanta sofferenza non possono essere frutto del caso. Lui è potente, spaventosamente potente e crudele - ma io non mi lamento più». E un mese più tardi, il 17 giugno: «Non ho paura di morire, perché non voglio credere che vi sia un' entità talmente crudele da non accontentarsi delle sofferenze della vita e che strappasse anche l' anima dal corpo, per continuare a torturarla». Eppure, fra i ricordi di Maria Valeria, fanno capolino anche momenti felici, come quando l' augusto imperatore, «primo impiegato dell' Austria-Ungheria», lavora instancabilmente alla scrivania consentendo alla figlia prediletta di condividere con lui quei momenti di tranquilla devozione al dovere; o quando accetta di giocare con la nipotina Ella e di portarla a cavalcioni per la stanza, salvo lasciarla esterrefatta il giorno in cui si presenta a lei in divisa imperiale, alla testa dei dragoni. Altre pagine del diario, come quelle in cui si descrivono le morti del fratello Rodolfo e della mamma, sono di quelle che restano nella memoria. Le annotazioni dell' arciduchessa Valeria, la fragile bambina destinata a sopravvivere di sei anni alla catastrofe dell' Austria-Ungheria, restituiscono i due personaggi emblematici alla loro diversissima umanità. Fuori del tempo nel suo arcaico, feudale senso del dovere l' imperatore Francesco Giuseppe; straordinariamente moderna nelle sue nevrosi, idiosincrasie e debolezze l' inimitabile Sissi. Eppure entrambi, in modi opposti, sembrano parlare più di altri alla sensibilità, persino alla fantasia di generazioni mitteleuropee orfane del concetto di patria. LA NOTIZIA DELL' OMICIDIO «Mio padre Franz Joseph mi abbracciò e pianse» Pubblichiamo un brano da «La prediletta, il diario della figlia di Sissi», di Maria Valeria d' Asburgo, edito dalla Mgs Press (Tel. 040.44968, pagine 304, lire 32.000) 10 SETTEMBRE 1898 Alla sera alle 6 e 1/2 tornai con Maria da un giro presso i nostri poveri... souper... poi andai con i tre grandi a pregare nella cappella. Maria venne con noi, non le badai molto, non notai la sua espressione turbata. Non ero più raccolta del solito... Maria mi pregò di venire nel suo studio, doveva dirmi una cosa. Ancora pensavo ad un piccolo problema domestico, ma quando la guardai, il mio cuore si fermò. «L' Arciduca?» «No - Sua Maestà». Non so se vi furono altre domande oppure se io riuscii a pronunciare subito la parola «Morta?», se lei mi disse ancora in corridoio o già nella stanza: «Assassinata da un anarchico italiano - spirata in albergo a Ginevra». Io non lo so. Ancora mi trema la mano, quando ripenso a quel momento... Pentimento per aver mai ricambiato il suo grande amore e per tutto... sempre più l' indicibile passione per lui, il povero, vecchio padre piegato dagli affanni e dalle pene... Papà stava ai piedi della grande scalinata di Schönbrunn e ci gettammo l' uno nelle braccia dell' altra. E per la prima volta riuscì a piangere, mi disse poi. Ma anche allora era ancora esterrefatto. E poco dopo di nuovo calmo, come allora, alla morte di Rodolfo. Andammo assieme alla messa domenicale, e poi potei trascorrere questo primo giorno quasi ininterrottamente con lui, seduta presso la sua scrivania, mentre lui lavorava come sempre... Papà pare aver pensato subito ad un attentato, anche se ripeté più volte: «Come si può assassinare una donna che non ha fatto male a nessuno?».

    Fertilio Dario
    Fonte-Dio perdoni mia madre..click..




















    Edited by MARILINC - 10/11/2022, 14:45
     
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  2. demi8
     
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    grazie mille per l'esaustiva descrizione :dgqlxj.jpg: :dgqlxj.jpg:
     
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    Grazie.. ciao benvenuta/o ...son felice che ti sia piaciuto.. se hai qualcosa da aggiungere o qualche suggerimento posta pure! :milan.jpg?ts=1221773175:
     
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  4. demi8
     
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    Io sto leggendo una sua biografia e sono rimasta colpita da una cosa. Lei come noto fugggiva per non sentire le pesanti critiche di corte e ho letto anche che mentre si trovava nei pressi di Londra non fece visita alla regina Vittoria perchè avrebbe dovuto rappresentare la celeberrima corte austriaca
     
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    Si lei non voleva diventare imperatrice...era una spirito libero..poi la suocera l'arciduchessa Sofia (zia.. sorella della madre)l'ostacolò in tutto...ti consiglio di leggere questo libro..Sissi. L’ultima imperatrice..Editore: Edizioni a Nordest..io l'ho letto e riletto una bella biografia..ciao e grazie!
     
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4 replies since 9/2/2011, 17:33   9791 views
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